Greta De Lazzaris, coutersy press office

Io Capitano

2300 alunni delle scuole superiori a confronto con il film di Matteo Garrone

Non mettersi MAI in viaggio con fratelli, mogli, fidanzate, genitori.
Il giorno della partenza non salutare le persone care per non rendere ancora più dura, se non impossibile, la partenza.
Sapersi mettere nelle mani di qualcuno senza mai fidarsi ciecamente.
Avere fortuna.
Essere pronto a qualsiasi eventualità anche la più terribile.
Avere coraggio.
Non avere paura di chiedere, essere consapevoli dei propri diritti anche quando vengono brutalmente negati. Mantieni la tua dignità a tutti i costi.
Non guardarsi MAI indietro.

Queste sono alcune delle 28 regole del viaggio, un codice che risuona un po’ come un monito per chi intende intraprendere il viaggio.
Sono state scritte da Sinti e Dag due Etiopi rifugiati che ora vivono a Roma; prima di partire non sapevano che avrebbero dovuto sottostarvi; come loro anche molti altri uomini, donne e bambini sono costretti ad osservare le 28 regole, molti di loro li incrociamo nelle piazze, alla stazione e nei nostri servizi.
A tutti i ragazzi che hanno guardato il film di poter scoprire un “Kenegdo”, è un termine ebraico che potremmo tradurre così: “qualcuno con il quale poter incrociare gli occhi alla pari”; qualcuno/a che sta di fronte, allo stesso livello, “occhi negli occhi”. È il primo incontro umano.

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